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Via Appia Antica, 136, 00179 Roma

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Oggi, 2 febbraio, la chiesa celebra la Festa della Presentazione di Gesù al Tempio, popolarmente conosciuta come la Candelora.

A Venezia, nella chiesa quattrocentesca di San Sebastiano, è custodito uno dei più importanti cicli pittorici dell’artista Paolo Caliari, meglio conosciuto come il Veronese, che portò a termine l’opera artistica nell'arco di tutta la sua attività.


Voluto dal Priore veronese fra' Bernardo Torlioni, a cui spetta la concezione tematica dell'impresa intesa come allegoria del trionfo della fede sull'eresia, l'intervento del Veronese si articola in tre momenti: il primo ha inizio nel 1555 ed ha per tema la decorazione del soffitto della sacrestia con scene dell'Antico Testamento; segue la complessa decorazione del soffitto a cassettoni della chiesa ispirata al Libro di Ester, protrattasi fino al 1556; fra il 1558 e il 1559 il Veronese realizza il secondo intervento decorando con affreschi la parte superiore della navata centrale (Padri della Chiesa, Profeti, Sibille e personaggi biblici), il coro dei frati (episodi della Vita di San Sebastiano) e realizzando le portelle d'organo e il parapetto (Presentazione di Gesù al Tempio, Piscina Probatica e Natività). Infine, al periodo 1565-70, risale l'esecuzione della grande pala d'altare con la Madonna in gloria con San Sebastiano e altri santi e dei due teleri laterali del presbiterio raffiguranti i Santi Marco e Marcellino condotti al martirio e il Martirio di San Sebastiano.

La chiesa, vero mausoleo veronesiano, conserva anche le spoglie del maestro (a sinistra del presbiterio).


  • 18 gen 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Le notizie storiche su San Sebastiano sono davvero poche, ma la diffusione del suo culto ha resistito ai secoli ed è tuttora molto vivo. Le fonti storiche certe sono: la Depositio martyrum, risalente al 354 e che lo ricorda al 20 gennaio, e il “Commento al salmo 118” di S. Ambrogio (340-397). Le poche notizie sono state poi ampliate e abbellite dalla successiva Passio, scritta probabilmente nel V secolo dal monaco Arnobio il Giovane.

Secondo Sant’Ambrogio, San Sebastiano era nato e cresciuto a Milano, da padre di Narbona (Francia) e da madre milanese, ed era stato educato alla fede cristiana. Si trasferì a Roma nel 270 e intraprese la carriera militare intorno al 283, fino a diventare tribuno della prima coorte della guardia imperiale a Roma, stimato per la sua lealtà e intelligenza dagli imperatori Massimiano e Diocleziano, che tuttavia non sospettavano fosse cristiano.


Grazie alla sua funzione, poteva aiutare con discrezione i cristiani incarcerati, curare la sepoltura dei martiri e riuscire a convertire militari e nobili della corte, dove era stato introdotto da Castulo, domestico della famiglia imperiale, che poi morì martire. Proprio quando, secondo la tradizione, aveva seppellito i santi martiri Claudio, Castorio, Sinforiano, Nicostrato (detti Quattro Coronati) sulla via Labicana, fu arrestato e portato da Massimiano a Diocleziano. Quest’ultimo, già infuriato per la voce secondo la quale nel palazzo imperiale si annidavano cristiani persino tra i pretoriani, apostrofò il tribuno: “Io ti ho sempre tenuto fra i maggiorenti del mio palazzo e tu hai operato nell’ombra contro di me, ingiuriando gli dei”.


Sebastiano fu condannato ad essere trafitto dalle frecce, legato ad un palo in una zona del colle Palatino chiamato ‘campus’. Creduto morto dai soldati, che lo avevano trafitto, fu lasciato lì in pasto agli animali selvatici; ma quando la nobile Irene, vedova del già citato S. Castulo, andò a recuperarne il corpo per dargli sepoltura, si accorse che il tribuno non era morto, perciò lo portò nella sua casa sul Palatino per curarlo.

Sebastiano riuscì miracolosamente a guarire e, nonostante il consiglio degli amici di fuggire da Roma, decise di proclamare la sua fede di nuovo davanti a Diocleziano e al suo associato Massimiano, mentre gli imperatori si recavano per le funzioni al tempio eretto da Elagabalo, in onore del Sole Invitto. Ascoltati i rimproveri di Sebastiano per la persecuzione contro i cristiani, Diocleziano ordinò che questa volta fosse flagellato a morte; l’esecuzione avvenne nel 304 ca. nell’ippodromo del Palatino, il corpo fu gettato nella Cloaca Massima, affinché i cristiani non potessero recuperarlo.


Il martire apparve in sogno alla matrona Lucina, indicandole il luogo dov’era approdato il cadavere e ordinandole di seppellirlo nel cimitero “ad Catacumbas” sulla via Appia. Fino a tutto il VI secolo i pellegrini che vi si recavano, attirati dalla ‘memoria’ dei SS. Pietro e Paolo custodita nella basilica costantiniana eretta in memoria dei due apostoli proprio sopra il cimitero, visitavano anche la tomba del martire, la cui figura era per questo diventata molto popolare. Quando nel 680 si attribuì alla sua intercessione la fine di una grave pestilenza a Roma, il martire S. Sebastiano venne eletto taumaturgo contro le epidemie e la chiesa cominciò ad essere chiamata “Basilica Sancti Sebastiani”. Per la sua opera di assistenza ai cristiani, fu proclamato da papa S. Caio “difensore della Chiesa”.


Il santo è venerato il 20 gennaio è considerato il terzo patrono di Roma, dopo i due Apostoli Pietro e Paolo.




La parrocchia di San Sebastiano collabora con la Comunità del Pettirosso, un’associazione laica senza fini di lucro iscritta nelle liste delle associazioni di volontariato del Lazio.

Il carisma ad essa affidato è quello della preghiera, dell'ascolto, dell'accoglienza e della carità.

Molti sono i progetti in cui la Comunità e i suoi volontari sono coinvolti.

Per saperne di più: http://www.ciaofrate.org


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